
Finalmente anche in Italia si parla di quanto sta accadendo in Nicaragua, certo senza approfondimenti, però è un inizio ed i Nicaraguensi hanno un gran bisogno di audience internazionale.
Dal 19 Aprile, infatti, hanno alzato la testa e cominciato a protestare contro il governo corrotto e liberticida. A rompere la diga del malcontento è stato un aumento dei contributi richiesti ai lavoratori insieme ad una diminuzione delle pensioni. Sono così iniziate manifestazioni pacifiche in ogni città. Ed il governo, colto di sorpresa da questa reazione, non ha saputo che reprimere le proteste con violenza.
La Commissione Interamericana per i Diritti Umani ha concluso a metà Maggio la sua indagine in Nicaragua ed ha rilevato che i morti sono stati 76, in gran parte studenti universitari. Settantasei persone, in un Paese con sei milioni di abitanti, in proporzione, sono come 760 persone in un Paese come l’Italia con sessanta milioni di abitanti. Un’enormità (e, comunque, anche due sarebbero due di troppo).
Per non parlare dei detenuti torturati e della cosa che quasi trovo più aberrante: agli ospedali sarebbe stato dato l’ordine di negare le cure ai feriti.
I vescovi del Paese si erano uniti al “tavolo del dialogo” per la pace, ma se ne sono chiamati fuori dopo poco (come altri rappresentanti della società civile) non ritenendo ragionevole sedere ad un tavolo a parlare di giustizia, quando nelle strade la polizia continua ad ammazzare la gente.
Il 30 Maggio, el Dia de la Madre, si è tenuta una enorme marcia pacifica, la Marcha de las Madres de Abril, durante la quale, ancora, ci sono stati morti, molti feriti e desaparecidos.
I morti, ad oggi, sono 127.
In questo clima, i Nicaraguensi si sono abbracciati ancora più forte e si susseguono storie di grande solidarietà.
A Granada è stato saccheggiato un piccolo salone di bellezza di successo. Molti hotel ma anche ristoranti hanno aperto le porte alla titolare e alle sue dipendenti per farle lavorare, itineranti, in modo da rimettersi in piedi.
Una libreria storica è andata in gran parte in cenere (in realtà l’incendio pare sia stato causato da un corto circuito) ed ha chiuso i battenti. I proprietari hanno ripulito ed asciugato la merce salvata ed un panificio-pasticceria affacciato sulla strada più frequentata ha offerto uno spazio per poter vendere i libri rimasti.
E così al ristorante si può fare la manicure e al panificio acquistare libri e tutti hanno una seconda possibilità.
Un’anziana signora che vendeva bibite per strada ha offerto tutta la sua merce ai manifestanti per solidarietà. E lei, che non aveva nient’altro, è diventata eroina e la sua foto campeggia ovunque come esempio.
Le è stata regalata una giornata di trucco e parrucco come forse non aveva mai avuto nella sua vita. Ma, soprattutto, tra la gente, è nato un movimento spontaneo per costruirle una casetta sicura e più dignitosa della baracca in cui viveva.
Gli anziani, qui, hanno già vissuto il dolore e il sangue quarant’anni fa, sostengono i giovani nella loro lotta per un Paese libero e sperano che non abbiano a ripetersi le stesse nefandezze.
Noi siamo arrivati in Nicaragua il 20 Aprile – durante il nostro viaggio abbiamo dovuto fare alcuni aggiustamenti all’itinerario, ma non abbiamo avuto alcun problema.
Abbiamo ritrovato intatta la gentilezza e ancor più grande la fierezza dei Nicaraguensi. E il mio cuore si spezza se penso a quanto dolore e orrore potrebbero ancora subire prima di essere liberi.