
Lo scorso anno, una coppia alla quale stavo organizzando il viaggio in Colombia mi aveva chiesto di visitare Playa de Belen. Io non l’avevo mai presa in considerazione né mai proposta perché mi pareva così fuori mano. Però mi occupo di viaggi su misura, quindi ho inserito la tappa come richiesto, valutando modi e tempi dei trasferimenti.
E sono rimasta molto incuriosita. Adesso che sto esplorando zone nuove della Colombia ho deciso di raggiungere anche io questo pueblo patrimonio che si trova nel dipartimento Norte de Santander. Ma più che altro ora posso dire, per esperienza, che si trova alla fine del mondo, lontano da ogni cosa, il più remoto dei posti. La strada per arrivarci penso funzioni da deterrente: terribile, stretta, tutta curve e piena di camion. Si sale fin quasi a 1900 mt per poi scollinare e proseguire lungo un serpente infinito.
All’imbocco della strada che porta a Playa de Belen ci ferma un gruppo di militari per un controllo di routine.
Poi finalmente arriviamo. La Posada che dovrebbe ospitarci è deserta, la porta chiusa. L’autista va a cercare la proprietaria che ci accoglie trafelata gridando “che freddo, che freddo” e in effetti fa abbastanza freddo da dover almeno indossare una felpa.
Posiamo i bagagli e la padrona di casa ci porta (letteralmente per mano) a mangiare al ristorante di una sua nipote. Scopriremo poi che non è che ci sia molta altra scelta se si vuole mangiare senza portarsene da casa.
Trascorriamo il pomeriggio lungo le vie del centro: Playa de Belen, “La Playa”, è un centro nato 150 anni fa, non è coloniale, ma la sua architettura ordinata di case basse e bianche, con i tetti di tegole e le porte marroni è piacevole. La sua unicità sta però nello spettacolo naturale che la circonda: vento e acqua hanno modellato nei millenni le pareti rocciose, creando guglie e calanchi. Mentre si passeggia nel centro del paese, da dietro le case spunta sempre qualche scorcio affascinante.
Nel tardo pomeriggio saliamo sulla collina che ospita il cimitero: da lì, davanti a noi, abbiamo la vista aperta dell’intero paesaggio ed è davvero incredibile.
Tornati in centro, ci sediamo sulla piazza e tutte le persone che incrociamo ci salutano e ci sorridono. Matteo fa amicizia con una cagnolina che rimane con noi per un bel po’.
Alla sera, quando andiamo a dormire, accendiamo la televisione e tra i canali troviamo le riprese di una telecamera a circuito chiuso puntata sulla piazza centrale. È uno po’ inquietante, a dire il vero, e pure un po’ morboso. Peccato solo che di sera non ci sia quasi nessuno…!
Al mattino scopriamo che esiste un canale anche per seguire la messa nella chiesa locale e poi uno con le immagini della telecamera posta all’ingresso del paese.
Tutto sommato non mi dispiace venire via.